Le suggestioni oniriche di Miyazaki, la mitologia nordica, il Libro Rosso di Jung, le opere di Ray Caesar.
E’ un incontro tra culture e ispirazioni della contemporaneità quello che anima i lavori di Sabrina H. Dan.
Di origini finnico-venezuelane, la Dan nasce nel 1987 a Roma, città dove tutt’ora risiede e lavora. Dimostrando fin da giovanissima una forte propensione al mondo artistico, dedica gli anni dell’adolescenza alla scrittura e alla musica.
Nel 2009, incuriosita dalle arti visive, entra come apprendista nello studio di pittura e scultura di Bruno Melappioni, artista attivissimo nel quartiere di San Lorenzo. Lì si avvicina alla pittura ad olio su tela, che resta la sua tecnica di produzione preferita a lungo.
Le sue prime opere, caratterizzate da volti femminili tagliati e da oggetti sospesi in sfondi scuri, si rifanno maggiormente al movimento artistico italiano della Transavanguardia.
Nel 2011 si avvicina al Pop Surrealismo, traendo grande ispirazione da artisti del calibro di Ray Caesar, Joe Sorren, Nicoletta Ceccoli e Dilka Bear. Un breve stage presso la Mondo Bizzarro Gallery le dà l’opportunità di ammirare molti dei suoi artisti preferiti dal vivo.
Agli inizi del 2012 inizia a lavorare come assistente personale di Danilo Bucchi. Questo passaggio segna fortemente la sua maturità artistica, che si arricchisce di tecniche nuove più vicine al disegno, oltre che di una sensibilità più affine all’arte contemporanea.
Il contatto con il lavoro dell’arte la porta a sviluppare un suo personale percorso di ricerca e mestiere in cui fonde le passioni giovanili e i ricordi dell’infanzia con gli stilemi della più recente produzione pop-surrealista internazionale. Il suo immaginario artistico miscela le classiche figure femminili del Pop Surrealismo ad elementi geometrici di natura illustrativa.
Proprio il Pop Surrealism, cui si accosta prima come osservatrice appassionata, poi di nuovo sul campo del lavoro nella ricerca di un contatto più approfondito, la porta a definire il suo carattere pittorico, regalando una nuova visione alle sue opere, in un gioco di dialogo tradizionale tra antico e moderno, che qui sembra invece giocare con i differenti momenti della contemporaneità, affondando nel mito solo attraverso riletture di oggi, per contribuire a creare o rafforzare le icone di domani.