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Una recente indagine condotta con l’Università di Bologna ha confermato, dati alla mano, che la pubblicità è sessista. Non che questa sia una sorpresa. E’ solo l’ennesima conferma di come, soprattutto in Italia ma non solo, la pubblicità crea, sostiene e promuove stereotipi e modelli discriminanti, relegando la donna a ruoli gregari, decorativi e ipersessualizzati. Basato sull’analisi di quasi 20.000 campagne (tv, radio, affissione, stampa e banner web), lo studio ha esaminato il modo in cui uomini e donne sono raccontati nella pubblicità, identificando 12 tipologie narrative femminili e 9 maschili. Le tipologie di donna più utilizzate negli spot, sommate tra di loro, offrono un quadro piuttosto esplicativo. Nell’81% dei casi si tratta infatti di “modelle” (ideale di bellezza), “grechine” (elemento decorativo che non dice niente), “disponibili” (in atteggiamenti di esplicita disponibilità o meglio possibile uso sessuale), “manichini” (corpo femminile o parti di esso), “ragazze interrotte” (annullate in quanto persona) e “preorgasmiche” (in espressione di piacere sessuale). Ovviamente, come prevedibile, la somma delle analoghe categorie per i maschi non arriva nemmeno al 20 per cento. È la ripetizione infinita dello stesso ritratto che stanca e discrimina. Che parla solo di un tipo di donna o solamente di alcuni aspetti possibili in una donna. Una versione unica, inespressiva, passiva, monotona, squallida, limitante per l’ affermazione sociale di metà del genere umano. Tra l’altro, in modo complementare, risulta danneggiata anche l’immagine degli uomini, con una vita che gravita intorno a un corpo di donna (non a una donna). Possibile che i maschi siano realizzati e felici solo se stuzzicati eroticamente così come racconta la pubblicità? Che sentano il bisogno di esibire ossessivamente la loro indubbia virilità? Che manchino di coinvolgimento affettivo?

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Anche in senso più ampio la pubblicità è ostacolo alla modernizzazione, al superamento degli stereotipi. La pubblicità è comunicazione, diffonde linguaggi e valori, contribuisce a costruire l’immaginario collettivo, orienta opinioni, convinzioni e atteggiamenti. Ci dice come è meglio essere, com’ è ovvio che le donne e gli uomini si comportino. È piena di modelli appiattiti e passivi. Insomma ci rende tolleranti agli stereotipi. Ecco allora i fidanzati felici, la coppia affettuosa che si scambia l’antidolorifico, la famiglia perfetta con mamma e papà sorridenti e il bambino (meglio due) con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Il tutto rigorosamente in ambito eterosessuale, a parte qualche rilevante eccezione costituita da multinazionali che con furbizia cercano di conquistare importanti fasce di mercato, come quella degli omosessuali.

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Se dal campo generale, passiamo a quello più specifico della moda, il panorama non cambia, anzi. Ancora pochi sono i brand che vanno controcorrente, che comunicano una femminilità emancipata o un concetto di famiglia moderna. Tra questi due colossi come Céline e Tiffany, che nelle loro ultime campagne pubblicitarie hanno scelto di osare. La nota casa francese ha scelto come protagonista nientemeno che un’ottantenne, Joan Didion, scrittrice e giornalista americana molto nota oltreoceano, che quasi sessant’anni fa ha cominciato come giornalista di Vogue e oggi è diventata ufficialmente modella, fotografata da Juergen Teller. Un’idea, quella della stilista Phoebe Philo, direttore creativo di Céline dal 2008, tanto sorprendente che, conoscendo Didion, risulta quasi scontata. Nessuna scrittrice moderna ha insegnato meglio di Didion che per capire le donne è fondamentale fare attenzione anche a come si vestono (la scrittrice ha da sempre un rapporto di amicizia reciproca con il mondo della moda). Nessuna scrittrice è stata fotografata come lei, tanti anni fa, al volante della sua Corvette Stingray, in California, come una modella. Nessuna giornalista come lei è stata fotografata a una manifestazione sessantottina in giaccone cerato inglese da caccia con il foulard di Hermès annodato intorno al collo. Didion che prima ancora di Jackie Kennedy inventò il look con gli occhialoni neri da sole extralarge, da allora copiato da milioni di donne in tutto il mondo. L’idea di Philo è semplice: scegliere Joan Didion e farla fotografare dal flash spietato di Teller, senza ritocchi né sconti all’età, sul divano di casa, con gli occhialoni neri e l’espressione corrucciata, da cui si può però intuire anche il suo sottile umorismo. L’idea di Philo è piena di significato: il marchio dello chic francese intelligente sceglie una delle scrittrici più intelligenti e che ha avuto una delle vite più belle e complicate. Ragazzina bon ton californiana trapiantata a New York per lavorare a Vogue, poi cronista di grande talento e autrice di romanzi di successo, poi la reinvenzione del reportage politico, i suoi romanzi che diventano sempre più simili al giornalismo e il suo giornalismo sempre più simile a un romanzo. Questa scelta è molto di più di un brand che sponsorizza una celebrity. Si tratta di un messaggio innovativo, da leggere fra le righe: volete essere modellati a immagine e somiglianza di altre pubblicità, il nulla stucchevole asservito agli ornamenti della vanità, o avete intenzione di fare come la Didion e la donna Céline, ovvero lottare per qualcosa di più? Speriamo che il messaggio arrivi.

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La vera donna del momento sembra essere però Iris Apfel, geniale, eccessiva, particolare, esagerata, eccentrica. Businesswoman, interior designer e fashion icon, ha 93 anni, ma lei sicuramente si sente ancora una ragazzina. Indossa abiti dalla foggia etnica mescolati con capi Haute Couture, occhiali da vista rotondi, borse oversize e rossetto rosso brillante. Il suo motto personale è “More is more and less is bore”, un vero e proprio invito ad eccedere e a vivere sopra le righe.
Il marchio newyorchese Kate Spade ha infatti appena lanciato per la campagna pubblicitaria spring-summer 2015 alcune immagini interpretate proprio da Iris Apfel in compagnia dalla famosissima modella Karlie Kloss, 22 anni. Iris indossa un look eccentrico, con pantaloni verdi ,calzini blu Polkadotted e un fiocco bianco gigante. La Kloss invece, un po’ inaspettatamente, preferisce uno stile più classico , tutto americano. L’estetica tra le due modelle viene completamente capovolta e non potrebbe risultare più sorprendente, ma insieme hanno un aspetto bello e armonioso , sedute una accanto all’altra su una panchina, come se fossero nonna e nipote.
Iris Apfel e Tavi Gevinson, giovane blogger 18enne che ha al suo attivo anche una carriera di cantante e attrice, sono le modelle della nuova campagna pubblicitaria di Alexis Bittar per la primavera-estate 2015. Il brand di gioielli e accessori ha scelto due donne che, anagraficamente parlando, sono decisamente agli antipodi: le due protagoniste di questo scatto, infatti, hanno una differenza di età di 75 anni. Gli scatti sono affidati a Terry Tsiolis e il designer Alexis spiega così la sua scelta : “Vendiamo prevalentemente a donne over 35, ma la moda continua a mostrare immagini ritoccate di ragazze che hanno 19 anni, mentre per la nostra campagna ci siamo focalizzati sull’essenza di donne forti e anticonformiste. “

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Anticonformista arriva forte e chiaro anche il messaggio di Tiffany, vista la posizione di vero e proprio leader che ha questo marchio a livello internazionale. Tiffany ha infatti impresso una svolta radicale alla classica campagna di comunicazione degli anelli di fidanzamento: per la prima volta i protagonisti della nuova pubblicità sono due uomini. Il messaggio è chiarissimo: l’amore può avere mille facce diverse e la strada che porta al matrimonio non è più lineare e univoca come in passato. Quindi, anche un’istituzione come Tiffany si è voluta ( ma anche un po’dovuta ?) adattare: la classica scatolina verde acqua da oggi non è più riservata alle sole signore. E la pubblicità, che mostra i due innamorati ritratti in bianco e nero su una scalinata, è già un successone nella comunità gay. Come se non bastasse, Tiffany ha rivelato che i due fidanzati non sono modelli, ma una “normalissima” coppia di New York.

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