Endre, direttore amministrativo di un mattatoio industriale, è sospettoso nei confronti di Mária, nuova responsabile del controllo qualità inviata dalle autorità. Endre pensa che Mária sia eccessivamente formale e troppo concentrata su sé stessa. E trova anche che sia troppo severa nel valutare la qualità delle carni. Semplicemente, Mária applica sul lavoro lo stesso ordine che utilizza nella gestione della sua vita.
Nel corso di colloqui di routine, una psicologa scopre che Mária ed Endre condividono lo stesso ricorrente sogno. Introversi, non sanno che cosa significhi e si sentono a disagio. Il giorno successivo verificano un’altra volta: hanno fatto ancora lo stesso identico sogno. Diventa così chiaro che Mária ed Endre si incontrano ogni notte in un territorio comune: una foresta innevata, calma, dove sono due leggiadri cervi che si amano.
Esitando, Mária ed Endre accettano quella strana coincidenza. Non possono ignorare l’intimità che li lega così facilmente nei loro sogni. Per due persone in apparenza del tutto estranee all’amore non è semplice ricreare nell’ampia luce del giorno la relazione armoniosa delle loro notti solitarie…
LA CONDIZIONE UMANA
In tutti i miei progetti, la storia è l’ultima a manifestarsi. Questo film, come i precedenti, è nato dal desiderio di parlare della mia visione della condizione umana e delle nostre scelte di vita. Peraltro, sentivo la necessità di raccontare una storia d’amore passionale e travolgente nel modo meno passionale e spettacolare possibile. Ho letto molta poesia – è il mio rifugio – ed è un poema dell’autrice ungherese Ágnes Nemes Nagy il vero punto di partenza del progetto. Ecco quattro versi di questo poema che mi hanno guidata durante la scrittura della sceneggiatura:
Il cuore, fiamma vacillante, Il cuore, catturato in spesse nubi di neve, Eppure, all’interno, dei fiocchi si consumano nel loro volo, Come le fiamme eterne delle luci dell’alba della città.
Essendo io stessa abbastanza taciturna, conosco tutto ciò che può dissimularsi dietro un volto perfettamente liscio – infinite sofferenze, aspirazioni e passioni – in una parola, l’eroismo del quotidiano.Percorrendo le vie, osservo i passanti e sono cosciente che anche il viso più noioso, più stupido e più disgraziato possa nascondere delle meraviglie.
Di conseguenza, volevo evocare quella situazione dove nulla è visibile ad occhio nudo, mentre ci sono tante cose da scoprire all’interno!
INGRANAGGI, SITUAZIONI E DOMANDE
Ho avuto l’idea del film di colpo: che cosa accadrebbe se un giorno s’incontrasse qualcuno che fa esattamente il tuo stesso sogno? Come si reagirebbe? Si sarebbe al colmo della gioia? Terrorizzati? Lo si troverebbe buffo? O vi si vedrebbe un attacco alla propria vita
privata? Sarebbe romantico? Le situazioni che si innestano come degli ingranaggi sono quelle che si addicono meglio al cinema. Situazioni che suscitano domande alle quali si ha davvero voglia di rispondere, che poi sollevano nuove domande: una volta superato lo choc, come si reagirebbe di fronte a una simile rivelazione? Ci si sfogherebbe con quella persona? E se non si appartiene al genere romantico? Se si è piuttosto del genere che trema al solo sentir parlare di stupidità esoteriche? E se non si è capaci a gestire le proprie emozioni? Come affrontare questo sconosciuto dopo una notte di sogni intimi condivisi?
Si cercherebbe di rivivere durante la giornata la stessa vicinanza e le stesse emozioni della notte? E se tutto quanto andasse per il verso sbagliato? E se non si riuscisse a riprendersi da un primo sfortunato appuntamento? E se il secondo appuntamento fosse catastrofico? E il terzo spaventoso? Si abbasserebbero le braccia? E si sopporterebbe di lasciar stare? Si sopporterebbe di sapere che colui o colei che è stato o è stata l’alter ego di notte rimanga un estraneo o un’estranea di giorno? Non se ne morirebbe? Queste domande ci accompagnano fino all’ultimo momento – dove si è ben lontani dall’avere ottenuto tutte le
risposte.
FERITI IN UN MODERNO AMBIENTE PROFESSIONALE
L’azienda in cui si svolge il film non è uno di quei mattatoi antiquati e macchiati di sangue. Si tratta di uno spazio moderno, impeccabile e ben organizzato, che rispetta scrupolosamente le regole. È lo specchio della società occidentale. Dopo avere perso il conforto del quadro rituale della religione – per la maggioranza di noi, in ogni caso – non sappiamo assolutamente come affrontare le più importanti tappe della vita: la nascita, l’amore, la morte. Un tempo, i riti sacri ci permettevano di vivere pienamente questi momenti. Perdendo questi punti di stabilità, la società ha cercato di avvicinare queste tappe con pragmatismo. Un tale approccio ti trasforma in oggetto e trasforma i tuoi prossimi in oggetti. Ne so qualcosa poiché ho avuto tre figli e ne ho perso uno in seguito a un errore medico legato a questa strategia pragmatica disumana. Inoltre, ho accompagnato mio padre nel labirinto del sistema sanitario durante i suoi ultimi tre mesi di vita. Tutto quello che ho vissuto in quei momenti mi ha profondamente ferita. Vedere gli animali arrivare al macello in camion non solo mi ha fatto pensare alla loro morte ma alla loro esistenza – un’esistenza limitata dove sono stati privati della possibilità di obbedire ai loro istinti. I miei due eroi, Endre e Mária, non sono soltanto due esseri introversi – sono feriti. Il loro handicap riflette lo stato della loro salute mentale. Reagiscono a un ambiente (con questo intendo la società nel suo insieme e non il mattatoio) che non è fatto per loro né, d’altronde, per chiunque.
NEL MATTATOIO
Abbiamo girato nel mattatoio per una settimana (e, beninteso, ci siamo recati sul posto varie volte in fase di preparazione del film). Il proprietario è un autodidatta: è stato dapprima macellaio, poi si è ingrandito fino a progettare egli stesso lo stabilimento. Si occupa anche del reclutamento personale. Tutta la nostra troupe è rimasta commossa dal rispetto istintivo e dalla tenerezza che i dipendenti mostrano riguardo alle bestie, dalla maniera con la quale toccano gli animali, parlano con loro. Una volta condotto sul posto, il bestiame trascorre una giornata nel mattatoio prima di morire. La cosa più sconvolgente non è l’uccisione, quindi il sezionamento e il processo attraverso il quale un essere complesso viene trasformato in pochi minuti in un oggetto, ma osservare gli animali vivi seduti, in silenzio, aspettando di essere uccisi. I loro occhi… Quel che ho visto – quella fraternità indicibile, quell’alleanza fra assassino e vittima, fra animali e impiegati – ha un rapporto con le conoscenze delle culture tribali: cacciavano la preda, l’uccidevano, poi la ringraziavano per la carne che aveva procurato loro. Ringraziavano l’animale di contribuire
alla loro sopravvivenza.
UN’IMPORTANTE LEZIONE DI VITA
Da parte del proprietario è stato particolarmente coraggioso riceverci, tanto più che si esponeva ad attacchi da più fronti. Fuori dalle ore di lavoro eravamo del tutto liberi (l’abbattimento degli animali ha luogo solo tre giorni a settimana – il resto del tempo è dedicato alla trasformazione e preparazione della carne). Tuttavia, anche se c’era un processo di disinfezione dopo il nostro passaggio, dovevamo portare delle tute e dei sottoscarpa di protezione. Il proprietario ha inoltre precisato chiaramente che non ci autorizzava a “fare qualsiasi cosa” con gli animali. Per esempio, ha rifiutato che il bestiame ripetesse le stesse operazioni – scendere dai camion e trascinarsi sulla rampa.
Sono stata immediatamente d’accordo. In seguito, quando ci ha visto al lavoro, si è stretta una vera amicizia tra lui e la nostra troupe. Prima di raggiungere il mattatoio, abbiamo evocato la nostra esperienza. Io e il mio capo operatore Máté Herbai ci siamo recati sul posto in varie occasioni, ma la maggioranza dei tecnici scopriva per la prima volta un luogo simile. Per immergersi completamente in quell’universo si pranzava in un ristorante vicino, appartenente anch’esso al proprietario del macello. Il ragù che veniva servito era preparato a partire dalla carne degli animali abbattuti lì accanto, animali che in precedenza avevamo incrociato. Credo sia stata un’importante lezione di vita per tutti noi: bisognava sapere come quei piatti succulenti arrivavano sui nostri tavoli. Si deve prendere coscienza della traiettoria seguita dalla bistecca che si degusta, così come si deve sapere in che modo sono fabbricati il nostro iPhone o gli abiti che acquistiamo. Consapevoli di queste informazioni, dobbiamo poter decidere cosa mangiare, cosa acquistare e quale etica di vita adottare.
UN INTENSO MOMENTO DI VITA SOCIALE
Sono profondamente e intimamente legata a questo film. Sono Mária o, piuttosto, tempo addietro sono stata Mária. Dopo essere diventata madre e aver avuto la fortuna di vivere una seconda infanzia, molto meno introversa della prima, accanto ai miei figli, mi sono veramente rilassata. Sono figlia unica. Sono stata una brava allieva, discreta, che riusciva senza grandi sforzi. Amavo le lezioni, ma non la ricreazione. Ero maldestra nei miei rapporti con gli altri e detestavo parlare della pioggia e del bel tempo. Ma non appena c’era uno scopo da raggiungere, per il quale bisognava compiere uno sforzo collettivo, le mie competenze in materia di comunicazione emergevano da non so dove: mi imponevo con naturalezza come leader e mi gestivo bene, senza mostrarmi tirannica. Per me, fare cinema è una magnifica occasione di conoscere una vita sociale intensa. Su un set, dove le persone lavorano insieme in modo totalmente solidale, si nota bene che esse dimenticano i problemi economici e personali per concentrarsi su un unico fine: toccare l’anima di spettatori sconosciuti in ogni parte del mondo. Se dovessi spiegare a un marziano il funzionamento dell’umanità e le capacità dell’essere umano – dalla scrittura di una poesia all’allunaggio – lo porterei sul set di un film. In quel luogo l’umanità svela il suo aspetto più generoso ed efficace. Tutti quelli che vi partecipano hanno lo stesso obiettivo: impegnarsi per concretizzare l’immaginazione di un artista. Il sogno di un artista.
UNA RELAZIONE MITICA
Per me, la vita intreccia sogno e realtà. Ogni giorno si constata che il suo quotidiano è una mescolanza di entrambi. Ma si parla dell’uno e non dell’altro. Non è un caso se nel film le scene oniriche sono trattate in maniera realista. Si tratta di una vera foresta dove si percepiscono dei rumori tipici della stagione invernale e dove si scoprono dei veri animali, non dei cervi usciti da una favola. Fanno quello che i cervi fanno naturalmente: bevono l’acqua del ruscello, cercano da mangiare, ruminano… La vita da svegli è resa in modo un po’ più astratto e leggermente stilizzato. Il mattatoio e i due appartamenti sono dei luoghi emblematici nella costruzione di una relazione mitica.
QUANDO NON FACEVO CINEMA…
Sarebbe così bello poter dire che a quel tempo scalavo l’Everest o scoprivo un nuovo vaccino contro la malaria o realizzavo un’altra impresa! Ma in realtà, quando non facevo ancora film, ero completamente ossessionata dall’idea di farne. Non passavo un solo giorno senza riflettere su un progetto o sognarne uno – non un solo giorno senza ipotizzare e preparare mentalmente un film. Ho scritto cinque sceneggiature che hanno suscitato ottime reazioni. Stando così le cose, visto che non erano state rifiutate, non avevo alcuna ragione di rinunciarvi. Poi, nel corso degli anni, poco a poco è stato chiaro che, per diversi motivi, nessuna di esse sarebbe stata finanziata. Fu un periodo amaro ed esasperante. Nonostante insegnassi all’Università del Cinema e del Teatro, nonostante adorassi – e adoro sempre – insegnare e mi dedicassi a progetti più modesti, compresi quello che può provare un disoccupato e a che punto la sensazione di essere respinto, mentre si è pieni di energia e di volontà di mettersi al lavoro, possa essere devastante. In seguito, sono stata assunta in una grande azienda ed ero felice. I cinque anni che ho trascorso lavorando per HBO Europe mi hanno calmata. Era la prima volta che lavoravo su un “ordine” e, in più, su un remake (della serie ‘In Treatment’). Temevo di non avere sufficiente fiducia in me, sufficiente libertà e mezzi adeguati per pervenire a un risultato soddisfacente. Si è rivelata un’esperienza estremamente positiva, molto vicina all’intensità e alla forza della messa in scena teatrale. Tengo a ringraziare i produttori: hanno saputo confidare nel loro intuito per affidarmi il lavoro e accordarmi una relativa libertà e tranquillità.
La regista Ildikó Enyedi
Corpo e Anima
Al cinema dal 4 Gennaio 2018
Regia: Ildikó Enyedi
Cast: Alexandra Borbély, Géza Morcsányi, Réka Tenki, Zoltán Schneider
Distribuito da Movies Inspired